Castello Incantato

Castello Incantato (deutsch Verzaubertes Schloss) ist das Lebenswerk des in Sciacca beheimateten Künstlers Filippo Bentivegna (1888–1967). Es liegt zwei Kilometer östlich des Stadtkerns von Sciacca. Der sein Haus umgebende Olivenhain ist übersät mit in Stein gemeißelten und einigen in Olivenholz geschnitzten Köpfen. Diese Arbeiten gehört zur Art brut. Einzelne dieser Werke werden in der Collection de l’Art Brut in Lausanne, der weltweit größten derartigen Sammlung, gezeigt.

Werk

Bentivegnas Versuch, 1913 seinen Geschwistern folgend in die Vereinigten Staaten auszuwandern, scheiterte. Er erlitt dort eine schwere Kopfverletzung und wurde arbeitsunfähig. In Abwesenheit wurde er von seinem Heimatland als Deserteur zu drei Jahren Gefängnis verurteilt, in das er, nichts davon wissend, 1919 zurückkehrte. Vor seinem Haftantritt wurde er einer psychiatrischen Untersuchung unterzogen und für verrückt, aber ungefährlich erklärt. Er kaufte sich ein Stück Land unterhalb des Monte Kronio östlich des Ortes und begann mit seiner Arbeit, die als Aufarbeitung seines Seelenzustand verstanden werden kann.

Der Skulpturengarten ist mit Kieselmosaik-Wegen durchzogen. Diese sind mit Bruchsteinmauern gesäumt, die mit vielfältigen Steinmetzarbeiten verziert sind, so beispielsweise der „Muragladiteste“, die „Wand der Köpfe“. Andere Köpfe sind Einzelwerke, teils überlebensgroß. Nur bei der Muragladiteste sind weitere Körperdarstellungen wie Torsi und Extremitäten vorhanden, sonst nicht. Die Arbeiten des Autodidakten sind von eher einfacher, naturalistischer Formgebung. Die Gesichter sind ausdruckslos, keines zeigt Emotionen.

Bentivegnas Haus, in dem er jahrelang gelebt hat, ist mit zahlreichen Wandgemälden geschmückt. Sie zeigen überwiegend phantastische Stadtlandschaften in der Silhouette, mit einfachem schwarzen und karminrotem Strich an der getünchten Wand festgehalten. Teils sind die Giebel mit orientalischen Verzierungen versehen, insgesamt könnten diese Bilder aber auch Bentivegnas Erinnerungsstücken einer Großstadt in den USA abbilden. An einer Wand sind zudem auch fratzenhafte Gesichter in die Stadtlandschaft eingebaut, an einer anderen ist ein Hafen illustriert. Außerdem sind zwei Fische zu sehen, die aus vielen kleinen Fisch(köpf)en zusammengesetzt sind. Der Zustand dieser Gemälde ist sehr schlecht: Offensichtlich war das Dach undicht; Feuchtigkeit zieht in Bahnen abwärts. Zudem wurden Teile der Wand neu verputzt, ohne auf die Kunstwerke Rücksicht zu nehmen.

Castello Incantato ist täglich ganzjährig als Museum geöffnet. In den Sommermonaten gibt es auch folkloristische Abende mit Essen, Tanz und Gesang.

Weblinks

Commons: Castello incantato (Sciacca) – Sammlung von Bildern, Videos und Audiodateien

Literatur

  • Francine Prose: Odissea siciliana, Feltrinelli Editore, Mailand 2004, ISBN 88-7108-194-3, S. 143ff. (ital.)

Koordinaten: 37° 30′ 23,9″ N, 13° 6′ 22,5″ O

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Sciacca; Castello incantato - gli affreschi -.jpg
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Negli anni Cinquanta un pittore svedese scelse Sciacca per soggiornare assieme alla moglie in Sicilia. Trovando il paesaggio incantevole preparò tele e pennelli per immortalare i volti contadini e i paesaggi bruciati dal sole. Lavorò alacremente, finché soddisfatto dei risultati decise di organizzare una mostra personale in un ex albergo del paese; l’iniziativa rese il pittore piuttosto famoso, tanto da attirare l’attenzione di artisti e uomini di cultura saccensi. Dopo aver stretto amicizia con essi ebbe modo di parlare delle tradizioni siciliane, della leggendaria Isola Ferdinandea, ma anche di un saccense ritenuto da tutti un folle: un folle che ossessivamente scolpiva teste in pietra…

Affascinato da questo racconto Lilieström volle conoscere di persona «Filippo delle teste» andandolo a trovare nel suo podere conosciuto da tutti come il «Castello incantato». Fattosi accompagnare da amici in comune, Filippo dopo un’iniziale diffidenza aprì le porte del suo regno nominando lo straniero «Dignitario di corte», ma solo dopo averlo fatto inginocchiare al suo cospetto. Ma chi era mai quest’uomo che si credeva signore di un regno incantato e si faceva chiamare «Eccellenza»?

Filippo Bentivegna era uno dei tanti immigrati italiani che nel 1913 sbarcarono negli Stati Uniti per cercare ventura, ma il viaggio oltreoceano lo rese un uomo completamente diverso. Un brutto episodio mutò per sempre il suo destino, uno di quegli episodi che nessuno sarà mai in grado di chiarire veramente: se fu un semplice litigio o una vendetta d’amore, a fargli subire un brutto colpo in testa che lo tramortì per giorni. Da allora infatti Filippo cominciò a comportarsi in modo strano, parve non ragionare più: per questo motivo venne rifiutato da tutti come lavoratore e dovette tornare in patria dove subì anche un processo per diserzione - è il 1919 e la Grande Guerra era appena finita - subendo una condanna a tre anni di reclusione. Prima di scontare la pena una commissione sanitaria dichiarò che il soggetto era da considerarsi “mentalmente infermo”, per questa ragione fu poi lasciato libero. Grazie ai soldi accumulati decise di acquistare un podere poco fuori Sciacca dove scelse di vivere lontano dalla gente, ma soprattutto lontano da coloro che gli avrebbero impedito di portare avanti la sua missione: scolpire. Iniziò a scolpire teste d’ogni dimensione, utilizzando tutte le pietre del suo podere e quando terminarono scavò delle gallerie per estrarle. Con esse realizzò personaggi famosi come: Garibaldi, Mussolini, Pirandello, Dante, Mazzini e molti altri...

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Seguendo i racconti appassionati di Filippo, Lilieström comprese che quell’uomo dai modi rudi, con uno strano accento siculo/italo-americano a tratti incomprensibile, privo di qualsiasi nozione artistica, possedeva l’estro di un’arte primitiva non contaminata da convenzioni o scuole. In lui il fluire creativo era un’esigenza di vita, un’espressione irrinunciabile che genuinamente non inseguiva alcuna logica commerciale. Nel corso degli anni infatti furono in tanti a chiedergli di poter acquistare una delle sue teste, ma egli rispondeva tutte le volte: «Le mie teste non si vendono!»

Lilieström lo convinse ad organizzare la sua prima mostra all’ex albergo di Sciacca. Ma i risultati furono assai diversi dalle attese perché la mostra fu un completo insuccesso. D’altronde come potevano i saccensi concepire l’arte di un uomo ritenuto da tutti il «pazzo del paese», da sempre oggetto di sberleffi e canzonature di adulti e fanciulli? Eppure quella mostra mutò l’interesse della stampa verso questo insolito personaggio: giunsero sempre più spesso giornalisti e curiosi ad intervistare lo scultore di teste. E, seppur oggetto di attenzioni, l’anziano signore non modificò il suo modo d’essere, sempre incline tra la scultura e l’amore verso i suoi cani.


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Teste scolpite in bassorilievo all'ingresso di una caverna del Giardino Incantato


Dopo la sua morte avvenuta nel 1967, giunse al Castello incantato un amico del famoso pittore e teorico dell’Art Brut Jean Dubuffet. Questi, dopo aver visto le migliaia di sculture si fece consegnare dai parenti dell’artista due teste che regalò a Dubuffet e che oggi risiedono presso il Museo dell'Art Brut di Losanna. Così Dubuffet dopo aver apprezzato l’estro di Bentivegna lo inserì nell’elenco degli artisti dell’Art Brut: artisti autodidatti, folli ed emarginati che mostravano un’originale attitudine per l’arte e le sue forme espressive.

Oggi il ricordo di «Filippo delle teste» è confinato nelle memorie di qualche anziano che lo conobbe in vita e all’interno del Castello Incantato, dove è possibile vedere una parte delle innumerevoli teste, essendo alcune di esse perdute o trafugate. Eppure l’arte di Bentivegna ha influenzato altri artisti: un giovane scultore italiano in una spiaggia di Sciacca ha realizzato una serie di teste in pietra calcarea seguendo l’estro del saccense. Ma c’è di più, la sua storia è stata musicata dal gruppo rock italiano Virginiana Miller nel brano Bentivegna.
Sciacca Castello incantato - lo sguardo -.jpg
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Negli anni Cinquanta un pittore svedese scelse Sciacca per soggiornare assieme alla moglie in Sicilia. Trovando il paesaggio incantevole preparò tele e pennelli per immortalare i volti contadini e i paesaggi bruciati dal sole. Lavorò alacremente, finché soddisfatto dei risultati decise di organizzare una mostra personale in un ex albergo del paese; l’iniziativa rese il pittore piuttosto famoso, tanto da attirare l’attenzione di artisti e uomini di cultura saccensi. Dopo aver stretto amicizia con essi ebbe modo di parlare delle tradizioni siciliane, della leggendaria Isola Ferdinandea, ma anche di un saccense ritenuto da tutti un folle: un folle che ossessivamente scolpiva teste in pietra…

Affascinato da questo racconto Lilieström volle conoscere di persona «Filippo delle teste» andandolo a trovare nel suo podere conosciuto da tutti come il «Castello incantato». Fattosi accompagnare da amici in comune, Filippo dopo un’iniziale diffidenza aprì le porte del suo regno nominando lo straniero «Dignitario di corte», ma solo dopo averlo fatto inginocchiare al suo cospetto. Ma chi era mai quest’uomo che si credeva signore di un regno incantato e si faceva chiamare «Eccellenza»?

Filippo Bentivegna era uno dei tanti immigrati italiani che nel 1913 sbarcarono negli Stati Uniti per cercare ventura, ma il viaggio oltreoceano lo rese un uomo completamente diverso. Un brutto episodio mutò per sempre il suo destino, uno di quegli episodi che nessuno sarà mai in grado di chiarire veramente: se fu un semplice litigio o una vendetta d’amore, a fargli subire un brutto colpo in testa che lo tramortì per giorni. Da allora infatti Filippo cominciò a comportarsi in modo strano, parve non ragionare più: per questo motivo venne rifiutato da tutti come lavoratore e dovette tornare in patria dove subì anche un processo per diserzione - è il 1919 e la Grande Guerra era appena finita - subendo una condanna a tre anni di reclusione. Prima di scontare la pena una commissione sanitaria dichiarò che il soggetto era da considerarsi “mentalmente infermo”, per questa ragione fu poi lasciato libero. Grazie ai soldi accumulati decise di acquistare un podere poco fuori Sciacca dove scelse di vivere lontano dalla gente, ma soprattutto lontano da coloro che gli avrebbero impedito di portare avanti la sua missione: scolpire. Iniziò a scolpire teste d’ogni dimensione, utilizzando tutte le pietre del suo podere e quando terminarono scavò delle gallerie per estrarle. Con esse realizzò personaggi famosi come: Garibaldi, Mussolini, Pirandello, Dante, Mazzini e molti altri..

Seguendo i racconti appassionati di Filippo, Lilieström comprese che quell’uomo dai modi rudi, con uno strano accento siculo/italo-americano a tratti incomprensibile, privo di qualsiasi nozione artistica, possedeva l’estro di un’arte primitiva non contaminata da convenzioni o scuole. In lui il fluire creativo era un’esigenza di vita, un’espressione irrinunciabile che genuinamente non inseguiva alcuna logica commerciale. Nel corso degli anni infatti furono in tanti a chiedergli di poter acquistare una delle sue teste, ma egli rispondeva tutte le volte: «Le mie teste non si vendono!»

Lilieström lo convinse ad organizzare la sua prima mostra all’ex albergo di Sciacca. Ma i risultati furono assai diversi dalle attese perché la mostra fu un completo insuccesso. D’altronde come potevano i saccensi concepire l’arte di un uomo ritenuto da tutti il «pazzo del paese», da sempre oggetto di sberleffi e canzonature di adulti e fanciulli? Eppure quella mostra mutò l’interesse della stampa verso questo insolito personaggio: giunsero sempre più spesso giornalisti e curiosi ad intervistare lo scultore di teste. E, seppur oggetto di attenzioni, l’anziano signore non modificò il suo modo d’essere, sempre incline tra la scultura e l’amore verso i suoi cani.

Teste scolpite in bassorilievo all'ingresso di una caverna del Giardino Incantato

Dopo la sua morte avvenuta nel 1967, giunse al Castello incantato un amico del famoso pittore e teorico dell’Art Brut Jean Dubuffet. Questi, dopo aver visto le migliaia di sculture si fece consegnare dai parenti dell’artista due teste che regalò a Dubuffet e che oggi risiedono presso il Museo dell'Art Brut di Losanna. Così Dubuffet dopo aver apprezzato l’estro di Bentivegna lo inserì nell’elenco degli artisti dell’Art Brut: artisti autodidatti, folli ed emarginati che mostravano un’originale attitudine per l’arte e le sue forme espressive.

Oggi il ricordo di «Filippo delle teste» è confinato nelle memorie di qualche anziano che lo conobbe in vita e all’interno del Castello Incantato, dove è possibile vedere una parte delle innumerevoli teste, essendo alcune di esse perdute o trafugate. Eppure l’arte di Bentivegna ha influenzato altri artisti: un giovane scultore italiano in una spiaggia di Sciacca ha realizzato una serie di teste in pietra calcarea seguendo l’estro del saccense. Ma c’è di più, la sua storia è stata musicata dal gruppo rock italiano Virginiana Miller nel brano Bentivegna.
Sciacca; Castello incantato - incubo di teste -.jpg
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Negli anni Cinquanta un pittore svedese scelse Sciacca per soggiornare assieme alla moglie in Sicilia. Trovando il paesaggio incantevole preparò tele e pennelli per immortalare i volti contadini e i paesaggi bruciati dal sole. Lavorò alacremente, finché soddisfatto dei risultati decise di organizzare una mostra personale in un ex albergo del paese; l’iniziativa rese il pittore piuttosto famoso, tanto da attirare l’attenzione di artisti e uomini di cultura saccensi. Dopo aver stretto amicizia con essi ebbe modo di parlare delle tradizioni siciliane, della leggendaria Isola Ferdinandea, ma anche di un saccense ritenuto da tutti un folle: un folle che ossessivamente scolpiva teste in pietra…

Affascinato da questo racconto Lilieström volle conoscere di persona «Filippo delle teste» andandolo a trovare nel suo podere conosciuto da tutti come il «Castello incantato». Fattosi accompagnare da amici in comune, Filippo dopo un’iniziale diffidenza aprì le porte del suo regno nominando lo straniero «Dignitario di corte», ma solo dopo averlo fatto inginocchiare al suo cospetto. Ma chi era mai quest’uomo che si credeva signore di un regno incantato e si faceva chiamare «Eccellenza»?

Filippo Bentivegna era uno dei tanti immigrati italiani che nel 1913 sbarcarono negli Stati Uniti per cercare ventura, ma il viaggio oltreoceano lo rese un uomo completamente diverso. Un brutto episodio mutò per sempre il suo destino, uno di quegli episodi che nessuno sarà mai in grado di chiarire veramente: se fu un semplice litigio o una vendetta d’amore, a fargli subire un brutto colpo in testa che lo tramortì per giorni. Da allora infatti Filippo cominciò a comportarsi in modo strano, parve non ragionare più: per questo motivo venne rifiutato da tutti come lavoratore e dovette tornare in patria dove subì anche un processo per diserzione - è il 1919 e la Grande Guerra era appena finita - subendo una condanna a tre anni di reclusione. Prima di scontare la pena una commissione sanitaria dichiarò che il soggetto era da considerarsi “mentalmente infermo”, per questa ragione fu poi lasciato libero. Grazie ai soldi accumulati decise di acquistare un podere poco fuori Sciacca dove scelse di vivere lontano dalla gente, ma soprattutto lontano da coloro che gli avrebbero impedito di portare avanti la sua missione: scolpire. Iniziò a scolpire teste d’ogni dimensione, utilizzando tutte le pietre del suo podere e quando terminarono scavò delle gallerie per estrarle. Con esse realizzò personaggi famosi come: Garibaldi, Mussolini, Pirandello, Dante, Mazzini e molti altri...

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Lilieström lo convinse ad organizzare la sua prima mostra all’ex albergo di Sciacca. Ma i risultati furono assai diversi dalle attese perché la mostra fu un completo insuccesso. D’altronde come potevano i saccensi concepire l’arte di un uomo ritenuto da tutti il «pazzo del paese», da sempre oggetto di sberleffi e canzonature di adulti e fanciulli? Eppure quella mostra mutò l’interesse della stampa verso questo insolito personaggio: giunsero sempre più spesso giornalisti e curiosi ad intervistare lo scultore di teste. E, seppur oggetto di attenzioni, l’anziano signore non modificò il suo modo d’essere, sempre incline tra la scultura e l’amore verso i suoi cani.


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Teste scolpite in bassorilievo all'ingresso di una caverna del Giardino Incantato


Dopo la sua morte avvenuta nel 1967, giunse al Castello incantato un amico del famoso pittore e teorico dell’Art Brut Jean Dubuffet. Questi, dopo aver visto le migliaia di sculture si fece consegnare dai parenti dell’artista due teste che regalò a Dubuffet e che oggi risiedono presso il Museo dell'Art Brut di Losanna. Così Dubuffet dopo aver apprezzato l’estro di Bentivegna lo inserì nell’elenco degli artisti dell’Art Brut: artisti autodidatti, folli ed emarginati che mostravano un’originale attitudine per l’arte e le sue forme espressive.

Oggi il ricordo di «Filippo delle teste» è confinato nelle memorie di qualche anziano che lo conobbe in vita e all’interno del Castello Incantato, dove è possibile vedere una parte delle innumerevoli teste, essendo alcune di esse perdute o trafugate. Eppure l’arte di Bentivegna ha influenzato altri artisti: un giovane scultore italiano in una spiaggia di Sciacca ha realizzato una serie di teste in pietra calcarea seguendo l’estro del saccense. Ma c’è di più, la sua storia è stata musicata dal gruppo rock italiano Virginiana Miller nel brano Bentivegna.
Sciacca; castello incantato - gli affrschi di New York.jpg
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Sciacca; castello incantato :gli affreschi di New York, nella casa d Filippo Bentivegna, al centro del labirinto
Sciacca; Castello incantato -guerriero-.jpg
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Negli anni Cinquanta un pittore svedese scelse Sciacca per soggiornare assieme alla moglie in Sicilia. Trovando il paesaggio incantevole preparò tele e pennelli per immortalare i volti contadini e i paesaggi bruciati dal sole. Lavorò alacremente, finché soddisfatto dei risultati decise di organizzare una mostra personale in un ex albergo del paese; l’iniziativa rese il pittore piuttosto famoso, tanto da attirare l’attenzione di artisti e uomini di cultura saccensi. Dopo aver stretto amicizia con essi ebbe modo di parlare delle tradizioni siciliane, della leggendaria Isola Ferdinandea, ma anche di un saccense ritenuto da tutti un folle: un folle che ossessivamente scolpiva teste in pietra…

Affascinato da questo racconto Lilieström volle conoscere di persona «Filippo delle teste» andandolo a trovare nel suo podere conosciuto da tutti come il «Castello incantato». Fattosi accompagnare da amici in comune, Filippo dopo un’iniziale diffidenza aprì le porte del suo regno nominando lo straniero «Dignitario di corte», ma solo dopo averlo fatto inginocchiare al suo cospetto. Ma chi era mai quest’uomo che si credeva signore di un regno incantato e si faceva chiamare «Eccellenza»?

Filippo Bentivegna era uno dei tanti immigrati italiani che nel 1913 sbarcarono negli Stati Uniti per cercare ventura, ma il viaggio oltreoceano lo rese un uomo completamente diverso. Un brutto episodio mutò per sempre il suo destino, uno di quegli episodi che nessuno sarà mai in grado di chiarire veramente: se fu un semplice litigio o una vendetta d’amore, a fargli subire un brutto colpo in testa che lo tramortì per giorni. Da allora infatti Filippo cominciò a comportarsi in modo strano, parve non ragionare più: per questo motivo venne rifiutato da tutti come lavoratore e dovette tornare in patria dove subì anche un processo per diserzione - è il 1919 e la Grande Guerra era appena finita - subendo una condanna a tre anni di reclusione. Prima di scontare la pena una commissione sanitaria dichiarò che il soggetto era da considerarsi “mentalmente infermo”, per questa ragione fu poi lasciato libero. Grazie ai soldi accumulati decise di acquistare un podere poco fuori Sciacca dove scelse di vivere lontano dalla gente, ma soprattutto lontano da coloro che gli avrebbero impedito di portare avanti la sua missione: scolpire. Iniziò a scolpire teste d’ogni dimensione, utilizzando tutte le pietre del suo podere e quando terminarono scavò delle gallerie per estrarle. Con esse realizzò personaggi famosi come: Garibaldi, Mussolini, Pirandello, Dante, Mazzini e molti altri...

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Seguendo i racconti appassionati di Filippo, Lilieström comprese che quell’uomo dai modi rudi, con uno strano accento siculo/italo-americano a tratti incomprensibile, privo di qualsiasi nozione artistica, possedeva l’estro di un’arte primitiva non contaminata da convenzioni o scuole. In lui il fluire creativo era un’esigenza di vita, un’espressione irrinunciabile che genuinamente non inseguiva alcuna logica commerciale. Nel corso degli anni infatti furono in tanti a chiedergli di poter acquistare una delle sue teste, ma egli rispondeva tutte le volte: «Le mie teste non si vendono!»

Lilieström lo convinse ad organizzare la sua prima mostra all’ex albergo di Sciacca. Ma i risultati furono assai diversi dalle attese perché la mostra fu un completo insuccesso. D’altronde come potevano i saccensi concepire l’arte di un uomo ritenuto da tutti il «pazzo del paese», da sempre oggetto di sberleffi e canzonature di adulti e fanciulli? Eppure quella mostra mutò l’interesse della stampa verso questo insolito personaggio: giunsero sempre più spesso giornalisti e curiosi ad intervistare lo scultore di teste. E, seppur oggetto di attenzioni, l’anziano signore non modificò il suo modo d’essere, sempre incline tra la scultura e l’amore verso i suoi cani.


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Teste scolpite in bassorilievo all'ingresso di una caverna del Giardino Incantato


Dopo la sua morte avvenuta nel 1967, giunse al Castello incantato un amico del famoso pittore e teorico dell’Art Brut Jean Dubuffet. Questi, dopo aver visto le migliaia di sculture si fece consegnare dai parenti dell’artista due teste che regalò a Dubuffet e che oggi risiedono presso il Museo dell'Art Brut di Losanna. Così Dubuffet dopo aver apprezzato l’estro di Bentivegna lo inserì nell’elenco degli artisti dell’Art Brut: artisti autodidatti, folli ed emarginati che mostravano un’originale attitudine per l’arte e le sue forme espressive.

Oggi il ricordo di «Filippo delle teste» è confinato nelle memorie di qualche anziano che lo conobbe in vita e all’interno del Castello Incantato, dove è possibile vedere una parte delle innumerevoli teste, essendo alcune di esse perdute o trafugate. Eppure l’arte di Bentivegna ha influenzato altri artisti: un giovane scultore italiano in una spiaggia di Sciacca ha realizzato una serie di teste in pietra calcarea seguendo l’estro del saccense. Ma c’è di più, la sua storia è stata musicata dal gruppo rock italiano Virginiana Miller nel brano Bentivegna.
Sciacca Castello incantato - le sculture tra i fichidindia.jpg
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Negli anni Cinquanta un pittore svedese scelse Sciacca per soggiornare assieme alla moglie in Sicilia. Trovando il paesaggio incantevole preparò tele e pennelli per immortalare i volti contadini e i paesaggi bruciati dal sole. Lavorò alacremente, finché soddisfatto dei risultati decise di organizzare una mostra personale in un ex albergo del paese; l’iniziativa rese il pittore piuttosto famoso, tanto da attirare l’attenzione di artisti e uomini di cultura saccensi. Dopo aver stretto amicizia con essi ebbe modo di parlare delle tradizioni siciliane, della leggendaria Isola Ferdinandea, ma anche di un saccense ritenuto da tutti un folle: un folle che ossessivamente scolpiva teste in pietra…

Affascinato da questo racconto Lilieström volle conoscere di persona «Filippo delle teste» andandolo a trovare nel suo podere conosciuto da tutti come il «Castello incantato». Fattosi accompagnare da amici in comune, Filippo dopo un’iniziale diffidenza aprì le porte del suo regno nominando lo straniero «Dignitario di corte», ma solo dopo averlo fatto inginocchiare al suo cospetto. Ma chi era mai quest’uomo che si credeva signore di un regno incantato e si faceva chiamare «Eccellenza»?

Filippo Bentivegna era uno dei tanti immigrati italiani che nel 1913 sbarcarono negli Stati Uniti per cercare ventura, ma il viaggio oltreoceano lo rese un uomo completamente diverso. Un brutto episodio mutò per sempre il suo destino, uno di quegli episodi che nessuno sarà mai in grado di chiarire veramente: se fu un semplice litigio o una vendetta d’amore, a fargli subire un brutto colpo in testa che lo tramortì per giorni. Da allora infatti Filippo cominciò a comportarsi in modo strano, parve non ragionare più: per questo motivo venne rifiutato da tutti come lavoratore e dovette tornare in patria dove subì anche un processo per diserzione - è il 1919 e la Grande Guerra era appena finita - subendo una condanna a tre anni di reclusione. Prima di scontare la pena una commissione sanitaria dichiarò che il soggetto era da considerarsi “mentalmente infermo”, per questa ragione fu poi lasciato libero. Grazie ai soldi accumulati decise di acquistare un podere poco fuori Sciacca dove scelse di vivere lontano dalla gente, ma soprattutto lontano da coloro che gli avrebbero impedito di portare avanti la sua missione: scolpire. Iniziò a scolpire teste d’ogni dimensione, utilizzando tutte le pietre del suo podere e quando terminarono scavò delle gallerie per estrarle. Con esse realizzò personaggi famosi come: Garibaldi, Mussolini, Pirandello, Dante, Mazzini e molti altri...

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Seguendo i racconti appassionati di Filippo, Lilieström comprese che quell’uomo dai modi rudi, con uno strano accento siculo/italo-americano a tratti incomprensibile, privo di qualsiasi nozione artistica, possedeva l’estro di un’arte primitiva non contaminata da convenzioni o scuole. In lui il fluire creativo era un’esigenza di vita, un’espressione irrinunciabile che genuinamente non inseguiva alcuna logica commerciale. Nel corso degli anni infatti furono in tanti a chiedergli di poter acquistare una delle sue teste, ma egli rispondeva tutte le volte: «Le mie teste non si vendono!»

Lilieström lo convinse ad organizzare la sua prima mostra all’ex albergo di Sciacca. Ma i risultati furono assai diversi dalle attese perché la mostra fu un completo insuccesso. D’altronde come potevano i saccensi concepire l’arte di un uomo ritenuto da tutti il «pazzo del paese», da sempre oggetto di sberleffi e canzonature di adulti e fanciulli? Eppure quella mostra mutò l’interesse della stampa verso questo insolito personaggio: giunsero sempre più spesso giornalisti e curiosi ad intervistare lo scultore di teste. E, seppur oggetto di attenzioni, l’anziano signore non modificò il suo modo d’essere, sempre incline tra la scultura e l’amore verso i suoi cani.


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Teste scolpite in bassorilievo all'ingresso di una caverna del Giardino Incantato


Dopo la sua morte avvenuta nel 1967, giunse al Castello incantato un amico del famoso pittore e teorico dell’Art Brut Jean Dubuffet. Questi, dopo aver visto le migliaia di sculture si fece consegnare dai parenti dell’artista due teste che regalò a Dubuffet e che oggi risiedono presso il Museo dell'Art Brut di Losanna. Così Dubuffet dopo aver apprezzato l’estro di Bentivegna lo inserì nell’elenco degli artisti dell’Art Brut: artisti autodidatti, folli ed emarginati che mostravano un’originale attitudine per l’arte e le sue forme espressive.

Oggi il ricordo di «Filippo delle teste» è confinato nelle memorie di qualche anziano che lo conobbe in vita e all’interno del Castello Incantato, dove è possibile vedere una parte delle innumerevoli teste, essendo alcune di esse perdute o trafugate. Eppure l’arte di Bentivegna ha influenzato altri artisti: un giovane scultore italiano in una spiaggia di Sciacca ha realizzato una serie di teste in pietra calcarea seguendo l’estro del saccense. Ma c’è di più, la sua storia è stata musicata dal gruppo rock italiano Virginiana Miller nel brano Bentivegna.